lunedì 28 dicembre 2009

Appena sufficiente

Almeno alla fine dell'anno due righe vanno depositate su questo blog scalcagnato, messo in linea con propositi ben più impegnati e impegnativi.
I bilanci li lascio ai commercialisti, alle prese con scudi spaziali-fiscali regalati dal creativo Giulio Tramonti.
Piuttosto si parlerà di cose accadute, di sensazioni arrivate, di sentimenti rinati.
Intanto il voto all'anno è un 6 risicato. Prima di settembre sarebbe stato un bel 4 pieno, ma eventi inaspettati hanno alzato, e di molto, la media.
Per il resto un annetto di merdina andante, con sbuffi in qua e in la che non hanno mutato una situazione già compromessa.
Di lavoro non si parla, ovviamente, che ne faccio anche troppo.
Che cosa resta, dunque?
Resta un bagliore settembrino che ancora si propaga. Un progetto indefinito e incerto che però aiuta a proseguire. Un desiderio di investire su qualcosa, di scommettere e rimettersi in gioco, consapevoli che il rischio di insuccesso è molto più alto della possibilità di una ipotetica felicità.
Tanto basta, però.
E di questi tempi è già tanto.
Auguri a tutti.

mercoledì 5 agosto 2009

Un terremotato politico

E' che sto leggendo "Qualcuno era comunista" di Luca Telese.
E in quelle pagine riafforano tanti, ma tanti di quei ricordi, spezzoni, pezzetti, memorie, facce e pianti che una luce si riaccende e ti metti a pensare.
Come è stato possibile che in poco più di dieci anni tutte quelle passioni, spinte ideali, pensieri belli, profondi e sofferti siano finiti nel cesso?
E come si fa a resistere allo scempio di oggi, con uno che parla di bocciofile e con un'altra iscritta all'opus dei?
Ho provato a leggere le "piattaforme programmatiche" dei candidati alla segreteria del piddì. Anche di quelli regionali (solo dell'Emilia-Romagna, in realtà. C'è un limite anche al masochismo).
In fondo, dipende ancora dal piddì la remota possibilità di mandare a casa il nano di arcore.
E la scelta del leader condiziona il modo e il metodo con cui si fa (o si torna a fare) opposizione. Anche a chi non lo vota, deve interessare il destino di questo oggetto.
Bè, quelle "tesi" non sono nemmeno riuscito a finirle. La fuffa regna incontrastata. Nessuna indicazione concreta, ma nemmeno una qualche analisi seria. E tantomeno una critica precisa. Forse Ignazio Marino ha messo in fila qualche punto comprensibile, ma è ancora poco, troppo poco.

Rimuginando ancora, però, ho capito cosa mi provoca tanto disagio.
In realtà, nel 1991 io sono stato vittima di un terremoto. Tra l'altro, voluto anche da me (ero per il sì).
Questo sisma ha raso al suolo la mia prima casa: quella dove avevo cominciato, sul girello della fgci, a imparare a camminare nel mondo periglioso della politica.
Poi cresci, e un po' come quando torni nelle classi delle elementari da grande, ti sembra tutto stretto e piccolo.
Allora ti convinci che è giusto cambiare. Giù il muro di qua, apriamo il salone di là... Poi, per evitare pastrocchi, giù la casa e la si rifà nuova.
E qui comincia il dramma: architetti contro ingegneri, elettricisti contro idraulici, piastrellisti contro imbianchini. Tanto che la casa non risorge se non dopo tanto tempo, ma invetabilmente sgangherata e pericolante, ancora da finire.
Per paura che qualcosa crolli ti accasi in una tenda.
Lo sai che la tua vera casa è quell'altra, ma adesso, così come sta, non è abitabile.
E attendi.
Riassetti la tenda e fai amicizia con i compagni/colleghi di quella che ormai è diventata una tendopoli (senza bertolaso, però).
Ogni tanto passi al cantiere, ma vedi che il muro, fino ai ieri a buon punto, oggi è la metà. L'idraulico non ha gradito l'opera del muratore.
Passano le stagioni, la tenda regge. Non è una casa, ma regge.
A volte sembra pure confortevole, se non fosse proprio questo il vero dramma.
Senza una casa con tutti i crismi finisci per l'accontentarti. Ti adatti. Abbassi il tiro e le pretese.
Ma perdi anche l'entusiasmo, insieme al ricordo di com'era e di come sarebbe potuta essere.
Non vuoi la casa di una volta. Con le stesse mura e le medesime stanze.
Ma è l'idea di casa che ti manca, il calore di quelle mura, la passione che attraversa i luoghi.
E' così difficile da capire?
O basta solo cambiare il direttore lavori?

martedì 21 luglio 2009

Luna di provincia



Era la stessa di sempre anche quella notte.
Nulla avrebbe potuto turbarla.
Distratta e lontana, non si accorse nemmeno che stava per essere conquistata.

Quando l'Aquila atterrò nel Mare della Tranquillità a Carpi era notte fonda.
Strade e campi assistettero deserti all'evento.
La piccola città fissò nel televisore in bianco e nero Neil e Buzz passeggiare in quella "magnifica desolazione".
Non accadde nulla di speciale in piazza, nei bar del centro, in periferia, nelle campagne.
Forse in omaggio alla dimensione intima della luna, in provincia erano le case ad ospitare l'emozione.

Diverso il ricordo per i bimbi già in vacanza, molti di loro in colonia. Al mare o in montagna.
Assembrati nelle camerate ben oltre l'orario della ritirata, Tito Stagno raccontò loro il "balzo da gigante per l'umanità".
I salti da allora sono stati grandi. Non sempre in avanti, però.
Ma quella fu una grande impresa. Spingersi cosô lontano, cosô in periferia.

Un gesto indispensabile per non restare alla periferia di noi stessi, appoggiati come siamo sopra un pezzettino azzurro, perso nel buio dello spazio.

martedì 14 luglio 2009

Sciopero!

In Italia, una politica "vecchia" e autoritaria vuole impedire la libertà d'informazione attraverso giornali, siti internet e blog. Con leggi ad personam come il DDL Alfano che sono un attacco alla democrazia.
Questo blog aderisce alla giornata di silenzio per la libertà d'informazione on line.






mercoledì 24 giugno 2009

Il pallone e l'acqua fresca

Oggi dalla finestra dell'ufficio ho visto quattro bambini giocare a pallone nel cortile di sotto.
Come in ogni disfida pallonara d'infanzia che si rispetti c'era quello più grande e corpulento, il mingherlino sgusciante e dribblomane, il medio relegato in porta tra le due colonne del porticato e il proprietario del pallone un po' sgonfio che spadroneggiava.
Una scena che 50 anni fa, si fosse svolta a Palermo, Bari, Roma o Torino non sarebbe stata molto diversa. Forse solo un po' più polverosa.
La pausa d'ufficio si è così fatta più lunga per osservarli giocare al tramonto.
E' inutile: ti possono raccontare dei 93 milioni per Cristiano Ronaldo, dei vomitevoli capricci di Ibrahimovic, dei diritti televisivi e di calciopoli: nulla rovina la bellezza di correre dietro a un pallone.
La palla presa a calci resta il gioco più bello. I bimbi ti possono chiedere nintendo, playstation, trasformers, skifidol e altre plasticate, ma se devono scegliere non resistono al pallone e agli amici/avversari.
Poco importa se non c'è l'erba, la porta regolamentare, le righe e le divise. Il calcio è il pallone: tutto il resto è il contorno.
Alle medie ho cominciato ad allenarmi in una squadra della mia città, l'Ac Cibeno. Avevamo ancora le divise di lana grossa o acrilico, non saprei dire dopo tutti quei lavaggi, ma di certo grattavano peggio dei mutandoni di Super Pippo.
Ricordo l'emozione di firmare il "cartellino", l'atto ufficiale d'ingresso nella "squadra".
E poi la borsa blu con la scritta bianca, senza tasche o menate; le trasferte a Sorbara, Solara, Sozzigalli, Rovereto, Ravarino, Camposanto, San Possidonio sulla macchina del mister o di genitori/accompagnatori.
Il primo gol in una partita ufficiale con il numero 7 (ala destra) a Limidi: discesa sulla destra e botta ad incrociare sul palo lontano: portiere battuto.
O le partitelle d'estate che alla fine (ma anche a metà) di attaccavi alla cannella d'acqua sempre fresca, nonostante i 35° gradi e l'umidità assassina.
Più di tutto, però, ricordo gli allenamenti d'inverno. Correre e giocare nella nebbia, al freddo, sotto la pioggia non era problema, anzi. Ti godevi di più la doccia calda alla fine; un'estasi che rinfrancava ogni centimetro quadrato di pelle e di muscoli.
E poi il ritorno a casa in bici, coi capelli ancora un po' umidi che-invece-te-li-devi-asciugare-sennò-ti-prendi-del-male... Dimensione carattere
E il dopo cena, lo stravacco sul divano con le gambe un po' dolenti e il sonno che arrivava piano piano e saliva con premura...
L'altro giorno sono ripassato per caso da via Genova.
Il mio campo non c'è più: metà dello spazio se l'è preso il circolo ricreativo con bocce, verande e attrazioni varie. L'altra metà è diventato un parco pubblico con le giostrine, le panchine e le aiuole d'ordinanza.
Meglio così di un parcheggio o di una lottizzazione per condomini o villette monofamiliari.
Però mi sarebbe piaciuto vedere un cinno che fermava la partita, correva a dissetarsi dal tubo di gomma e ritornava in campo asciugandosi la bocca con il braccio...

martedì 23 giugno 2009

Un mese e passa senza blog

Più di trenta giorni senza scrivere una riga sul blog. Mancanza grave, mancanza da non ripetere, solo che di fronte a milioni di possibili cose da dire, da commentare e da scrivere si manifesta una vera e propria paralisi.
Pensieri che, come sull'A14 in agosto, stanno fermi e non vanno né avanti né indietro.

La rivolta democratica in Iran di giovani coraggiosi e disarmati è un'altra pagina di umanità bella, fiera e troppo spesso abbandonata.
La vomitevole vicenda di Al Pappone, come lo ha battezzato Travaglio, offre spunti (e sputi) ogni minuto. Mancava solo Scondinzolini e il quadretto è completo.
Delle elezioni appena concluse, mi interessa il giusto. Cioè molto poco. I numeri hanno detto che l'Italia ama i legaioli e odia tutto quello che è diverso da se, non si fa spaventare dalle miserevoli vicende del premier, viaggia a fari spenti verso il baratro. L'unica salvezza è saltare dal treno prima che si schianti.

Io ce l'ho una piccola consolazione.
In questi giorni stanno prendendo il via le celebrazioni del 40° anniversario dello sbarco sulla luna. E ci sarebbero milioni di spunti su cui discettare: il coraggio delle sfide impossibili, la fede laica nelle capacità e nell'intelligenza dell'uomo, la forza di superare barriere e confini.
Quello che più mi piace, però è l'immagine che ci hanno lasciato quei coraggiosi dell'Apollo 8, qualche mese prima che l'Apollo 11 si posasse dolcemente nel Mare della Tranquillità.
In quella missione, nei giorni di natale del 1968, Jim Lovell (lo stesso dell'Apollo 13), Frank Borman e William Anders non si posarono sul suolo lunare.
Ma furono i primi a lasciare l'orbita terrestre e a compiere numerose orbite intorno alla luna. I primi a lasciarsi alle spalle "casa".
Fu proprio al quarto giro di luna che, casualmente, anziché rivolgere lo sguardo in basso, videro dall'oblò la terra che sorgeva. Una palla azzurra e bianca in mezzo al nero dello spazio. Una creatura viva. Unica.
Nessun uomo l'aveva mai vista così prima.
Molti uomini non sembrano vederla così neppure adesso.

giovedì 7 maggio 2009

Gioventù sbragata

Oggi mi sento vecchio dentro. E anche un po' banale e sempliciotto. Saranno i 40 appena compiuti o l'invidia per il bel tempo che fu... Tant'è...
Fatto sta che mi accorgo di sopportare sempre meno la vista dei branchi di adolescenti ciondolanti che si appoggiano stanchi in giro per città grandi e piccole.
Un misto di indolenza mista a vuoto soporifero che se adesso sono così, allora a 50 passeranno le giornate a letto...
La prima cosa che salta agli occhi, ovviamente, è l'abbigliamento. E qui c'è da rimpiangere i paninari. Se non altro per l'igiene. Difficile non notare l'alone di saclonaggine (dialettale di scarsa cura, sporcizia...) che li avvolge.
Maschi e femmine, ovviamente.
Lasciamo perdere le scarpe, che ormai vengono classificate dall'Onu come ordigni chimici a tutti gli effetti (pare che Bush, in Iraq, cercasse delle Nike di adolescenti con calzini incorporati). E' tutto l'insieme a trasmettere l'idea che la doccia, il sapone e il deodorante siano pratiche molto poco praticate.
C'è poi quel fatto lì della mutanda prominente e del jeans che ti arriva sotto la chiappa: ecco, sarò vecchio e cadente, ma a me quella roba lì mi fa proprio vomitare. Non voglio scendere in particolare scabrosi, ma sedermi (in autobus, al bar, in pizzeria...) dove ha appena appoggiato le terga semiscoperte uno di questi nemici del getto d'acqua non mi piace un granché.
Capita poi sempre più spesso che all'incuria si aggiunga la pinguedine diffusa. Certi arvortoli che debordano tra la maglietta succinta e la cintura, a nascondere in un blob indistinto l'ombelico che talune pensano di poter mostrare con disinvoltura e che invece dovrebbero nascondere all'umanità intiera.
Altro nervo, o tendine, o metacarpo scoperto è quello del cellulare.
Questi qui sono la generazione del T9, del xché, del c6, del ke, del cmq e di tutte quelle abbreviazioni orripilanti. Il telefonino come appendice della mano e come surrogato della testa. E mica c'hanno quelli da battaglia. Assolutamente no. L'altra sera ho visto un monello che avrà avuto non più di 15 anni con un Blackberry da almeno 500 euro. Ma a 20 anni cosa ti compri? O cosa ti comprano?
Notare che si parla di telefonini, perché questi signorini internet manco la usano. Troppo impegnativa. Sono quelli più grandi, dai 25 in su, che smanettano sul web. Per questi la tecnologia si ferma agli sms.

Lo so che ci sono ggggiovani bravi, impegnati, colti, interessati, tifosi della fiorentina e lettori di Lansdale. Purtroppo non li incontro mai. Io mi scontro solo con queste meduse narcotizzate fatte in serie.
Ai miei tempi (oddio!) c'erano le "correnti di pensiero" (meglio spifferi...): i dark, i rockabilly, i paninari: nessun premio nobel, per carità, ma vedevi lo sforzo di scegliere qualcosa e indirizzare le proprie energie.
Oggi sono tutti identici, e le energie questi le vogliono risparmiare, tutt'al più scaricarle in qualche bella bevutona di gruppo con vomito incorporato.
Sono anche consapevole che non è tutta colpa loro. Ovvio. Perché se vai a vederti i genitori, allora sì che ti pizzicano veramente le mani.
Ma benedettoilsignore però: uno o due neuroni ce li avranno anche 'sti giovanotti, o no? E allora che li usassero, ogni tanto.
E tiratevi su quelle cazzo di braghe, che prendete freddo alla faccia.


martedì 5 maggio 2009

Addio alle paglie

Credevo peggio. E invece comincia a piacermi quest'astinenza forzata. Senza paglie si sta meglio. Certo, la mattina dopo il caffelatte è dura, il fresco ricordo della paglia è tutto lì, ma l'inhaler aiuta e i pensieri si fanno sempre più positivi.

Ieri pomeriggio tardi ho fatto un giro in bici. Sarà stata la suggestione, probabilmente, ma era chiara la sensazione di fare meno fatica anche a sole 24 ore dall'ultima paglia.

I buoni propositi sono tanti, soprattutto per chi ha da sempre la forza di volontà di una medusa pigra. Ci avevo già provato nel 2000 a smettere e c'ero riuscito per oltre sei mesi. Poi un tiro dopo l'altro c'ero ricascato. E' normale, dicono, soprattutto per quelli incalliti e tossici come me.

Adesso siamo alla seconda occasione. E per ora pesa meno del previsto. So che ci saranno crisi improvvise, desideri quasi insopprimibili di correre al primo tabacchino, spinte a provare "solo un tiro". Ma debbo farcela. Ne va dell'amor proprio, della salute e, perché no, anche dei soldi che sono sempre pochi.


L'obiettivo è chiaro: essere orgogliosi di se stessi. Sentirsi indipendenti. Non vivere con il senso di colpa misto a paura di ammalarsi da un giorno all'altro. Ma soprattutto poter dire a un bimbo di cinque anni: il tuo papà non fuma più.

mercoledì 22 aprile 2009

Canto Notturno di un calzino errante del tinello

E' una della cause più frequenti di divorzio.
E' al centro di innumerevoli diatribe casalinghe.
Rappresenta uno degli argomenti preferiti delle signore quando si trovano a sparlare di mariti, conviventi, compagni e affini.
Il calzino errante è tutto questo e anche di più.
Tipica manifestazione del maschio sopra la trentina (per i più giovani c'è il calzone, bomba chimica arricchita dal lungo soggiorno dentro scarpe da ginnastica anaerobiche), è un particolare indumento che sembra godere di vita propria.
Viene inizialmente avvistato in camera da letto, tipicamente sopra lo zerbino ai piedi del letto, ricompare misteriosamente poco dopo sotto il tavolo di cucina, per poi spostarsi di fianco al divano del salotto e finendo la sua folle, placida corsa, nei pressi del cesto della biancheria. Ovviamento all'esterno, mai dentro.
Altra peculiarità è l'assoluta solitudine dell'oggetto, che si muove costantemente spaiato dal suo vecchio gemello, impegnato anch'esso in un percorso domestico differente, destinato comunque a concludersi nei pressi del cesto della roba sporca.
Nel frattempo il borbottio muliebre si fa più intenso, in un crescendo rossiniano di "ma io non lo so...", "ma è mai possibile...", "ma tutte le volte te lo devo ripetere...", crescendo che si conclude con il nome del marito-compagno-convivente pronunciato a migliaia di decibel.
Se lo si osserva con l'attenzione che merita, il calzino errante si manifesta quasi sempre appallottolato, con una forma sferica-ovoidale e immancabilmente alla rovescia. Sfera che appare meno voluminosa se si tratta di calzino corto, oggetto desueto, ma ancora utilizzato da taluni.
Numerosi studi hanno certificato che quella del calzino errante rappresenta probabilmente l'ultima, disperata manifestazione maschile di libertà.
Lasciare cadere il calzino dove capita, senza curarsi di riporlo dove dovrebbe, lascia al maschio adulto le ultime reminescenze di gioventù, di quell'epoca fatata in cui c'erano solo gli amici, il calcetto, la serata a zonzo per il centro e mammina che pensava a tutto, dal rifare il letto al cucinare quel meraviglioso sugo che "...come lo fa lei...".
Perciò, care signore-moglie-conviventi-compagne: siate indulgenti con quei bricconi scalzi: il calzino errante è un grido di libertà. L'ultimo che resta loro.
Free errant little sock!

Amici? Mai coverto!

Con quella bella voce da baritono, il marito di Maurizio Costanzo (come la chiama Fabio Volo) imperversa da tempo, troppo tempo, sugli schermi nazionali.
Da segretaria dell'affiliato alla P2 (tessera n. 1819, Berlusconi aveva la 1816), la signora Costanzo ha scalato tutto lo scalabile dell'etere.
Oggi la troviamo a condurre "uomini e donne", "c'è posta per te" e "amici", ovviamente amici suoi, di Mario de Filippi.
Un prezzemolo che neanche il Pippo Baudo degli anni '80 avrebbe eguagliato.
Il problema è che l'incremento della sua presenza è inversamente proporzionale alla crescita di qualità della tv.
La signora è la principale responsabile dei filoni più deleteri che negli ultimi anni ammorbano il piccolo schermo: la famosa "tv del dolore", con c'è posta per te, la tv caciarona, volgare e ignorante di "Uomini e donne" e quella finto-giovane di Amici. Tre filoni dai quali oggi la tv generalista attinge a piene mani, brancolando in un vuoto totale di idee e di cultura.
Un tratto accomuna tutti e tre i programmi: l'assoluta mancanza di talento dei suoi protagonisti-partecipanti. Ci sono i tronisti (basta la parola per mettere mano alla pistola), ma pure i nevrastenici di Amici restano comparse impalpabili, che potranno esibirsi in qualche sagra di paese e tra qualche anno nessuno ricorderà più. Si dirà: ma quello non ha vinto San Remo? Certo, ma cos'è San Remo se non una mega sagra di quel paesone arretrato che è l'Italia?
Sfuggono, almeno a me, i motivi per i quali tanti concittadini seguano con ascolti record tanta spazzatura.
Poi, però, analizzando il percorso delle televisioni nazionali negli ultimi 15 anni, ci si accorge che tutto torna: la tv come grande anestetico, il piccolo schermo che ogni giorno ti spegne un neurone e ti dice anche come pensare.
Più che il controllo dei telegiornali, che comunque c'azzecca, è qui che la vulgata dominante sta vincendo alla grande: pensa poco, il meno possibile, non faticare per capire cosa succede intorno a te, perché non serve: puoi vincere anche senza nessuna qualità. Nessuna fatica è necessaria.
Al limite rifatti le tette, urla ogni tanto e vai a porto Cervo una settimana pagando a rate.
L'importante è restare amici.

mercoledì 15 aprile 2009

Un post su Lost

E' tornato.
E' di nuovo fra noi.
E' Lost, anche se non si era mai perduto.
Jack, Kate, Sawyer, Lock, Ben, Desmond, Hugo e l'isola dei misteri spadroneggiano ancora nel lunedì di Fox, purtroppo solo per 50 minuti contro l'ora e mezzo delle ultime serie.
Basta poco per tornare in tiro. Per essere invischiati e perduti nella trama sempre più fitta scritta da quei satanassi degli sceneggiatori.
Adesso ci si mettono i salti nel tempo. E i morti che ritornano.
E' come essere su una parete di roccia e precipitare nuovamente appena si pensava di aver trovato un appiglio sicuro. Tutto è in costante, continuo movimento.
La magia di questa serie sta in tante cose, alcune scontate (per le produzioni americane) come la bravura degli attori o la perfezione tecnica e stilistica.
Ma ciò che veramente mi fa tornare sull'isola sono la fame di sorpresa, il sottile gusto dell'inquietudine che trasuda dalla storia, Kate che ogni volta che la vedi ringrazi i suoi genitori di averla fatta così.
E poi scoprire i tanti fili intrecciati che legano tutto a tutti e tutti a tutti. Scorgere significati nascosti in una frase, in un simbolo.
Lost ha cambiato la televisione. Ha fatto vedere cosa significa fare "fiction" fuori da quei cessi che ci propinano su RaiSet tra padri pii, papi, papesse, suore e monache.
Adesso siamo alla quinta serie. Ce ne sarà una sesta l'anno prossimo e sarà anche l'ultima.
E allora si che saremo tutti LOSTes.

mercoledì 8 aprile 2009

La Zecca e la Zanzara

Forse è solo per masochismo, presente comunque in ciascuno di noi in dosi differenti.
O forse è che alle 7 di sera in macchina ho voglia di sentire la radio parlata e non le solite canzonette.
Fatto sta che spesso mi trovo ad ascoltare "La zanzara", la trasmissione di Radio 24 condotta dal genio dell'etere, Giuseppe Cruciani (basta vedere la foto per capire il soggetto).
Già dal titolo, nell'idea del conduttore il programma si dovrebbe connotare come "scomodo", "fastidioso" per il cosiddetto potere. Non allineato.
Peccato che ascoltandolo, anche solo per dieci minuti, ci si accorga di quanto sia banale, allineato e ligio alla vulgata maggioritaria.
L'allievo dell'elefante Ferrara (anch'egli titolare di una trasmissione la mattina sempre sulla stessa radio) con un cultura malferma, un accento romanesco strascicato e il tono di chi la sa lunga, discetta dei temi del giorno con alcuni bersagli preferiti: Di Pietro, Travaglio, i "giustizialisti", l'antipolitica e tutto quanto rappresenti la società civile non intruppata negli schemi dei partiti e della "casta".
E' imparziale quanto lo è Vespa, cioè zero, anche se molti ascoltatori (ci sono o ci fanno?) esordiscono nei loro interventi in diretta complimentandosi per un inesistente equilibrio.
Come il suo concorrente Forbice, che da anni su Radio 1 alla stessa ora "zappa" letteralmente gli ascoltatori non allineati, Cruciani irride chi non si attiene al compitino o esce dal solco di quanto le reti unificate RaiSet diffondono a piene mani da mesi a questa parte.

E' ovvio che il conduttore (o il conducente) gioca da una posizione di forza e Cruciani questo vantaggio lo sfrutta a piene mani per disinnescare con stratagemnmi vari gli interventi scomodi di ascoltatori intelligenti.
Curioso anche il comportamento con gli ospiti: sempre gli stessi, e tutti di quella fascia cosiddetta "cerchiobottista" che non disturba nessuno, si dà un tono intellettuale e passa per "molto intelligente".

C'è un lato positivo, però. Il fenomeno Cruciani dovrebbe confortare i giovani aspiranti giornalisti radiofonici attualmente disoccupati: se uno come lui può condurre una trasmissione su un network nazionale, allora c'è davvero posto per tutti.

lunedì 6 aprile 2009

Silenzio.

da Repubblica.it - ore 16:55

Tra le vittime una mamma morta sotto le macerie delle casa abbracciando i suoi due bambini

domenica 5 aprile 2009

Ve lo do io Grillo: politica, satira e informazione all'epoca dei blog




Beppe Grillo nel 2008 è stato indicato dal Time come uno dei più influenti blogger al mondo. Le sue denunce alla politica, all’economia corrotta hanno spesso anticipato le inchieste giornalistiche e le indagini della magistratura. Di questo fenomeno, del rapporto tra satira, blog e informazione si parlerà in questo incontro che prende spunto dal libro di Andrea Scanzi Ve lo do io Grillo.

Partecipano:
Jeff Israely, Time
Andrea Scanzi, La Stampa
Luca Telese, Il Giornale
Marco Travaglio, Anno Zero RAI 2
Modera Elisa Calessi, Libero

venerdì 3 aprile 2009

L'estate che fu e che sarà

Entra dal finestrino della macchina in corsa.
La respiri camminando di fretta.
Si appoggia sulla pelle e trasforma il maglione in un'armatura pesante.
E' l'aria d'estate, quella che oggi è tornata a girare dopo un inverno finalmente freddo e gagliardo.
Il profumo arriva anche qui, tra i fondi bassi della pianura e riaccende ricordi, attese...
Ti vengono alla mente vecchi amici di estati del tempo che fu. Si infittisce il chiacchiericcio con quelli che non hai mai perso di vista, di penna, di tastiera. I progetti sono meno remoti e la leggerezza allontana la nebbia che circonda il dovere.
Anni fa non si smetteva mai di pensare all'estate. La scuola era troppo leggera per coprire la luce del sole d'agosto, i ricordi della vacanza precedente e le aspettative di quella futura.
Oggi è invece buio fitto in quei mesi d'inverno, quando il lavoro è una tenda nera-coprente.
Ci basta però un vento leggero, di tramontana anche, per squarciare la stoffa e far entrare nuovi raggi e antichi respiri.

Grandi paure e paure da grandi

Marco ha quasi cinque anni e ha paura del buio.
Io ho 40 anni e ho paura di quando Marco non ha avrà più paure.

mercoledì 1 aprile 2009

Paramecio, ascendente pidocchio

Prima cosa da non chiedermi mai: di che segno sei?
Seconda: ascendente?
Divento cattivo quando mi molestano con l'astrologia.
Manca l'eruzione cutanea, ma si tratta di una reazione allergica a tutti gli effetti.
Il primo pensiero è per quelle signore dalla parrucchiera, sedute sotto il casco, che si leccano l'indice e sfogliano con bramosia la rivista piena di orecchie fatte da altre signore che si sono leccate l'indice il giorno prima o l'ora prima (in quel caso il giornale è ancora umidiccio...). E poi finiscono sempre lì: tra l'ariete e il capricorno, tra amore, denaro, fortuna.

Ci sono alcune che riescono a reggere per ore la conversazione su temi del genere, infarcendo di aria fritta e boiate astronomiche le loro dissertazioni astrologiche.
Bisognerebbe dir loro che gli oroscopi dei giornali, soprattutto locali, li scrivono gli stessi giornalisti che mezz'ora prima hanno battuto il pezzo di cronaca nera sullo spacciatore di hashish "colto il flagrante" dalla "gazzella dei carabinieri" o dalla "volante della polizia". E che con l'oroscopo si rilassano a fine giornata buttando lì le prime puttanate che saltano loro in mente prima di andare a cena.
E invece c'è chi non esce di casa se prima non ha consultato l'oroscopo del giorno. Ma dico io: possibile che a tutti quelli, mettiamo, della Vergine, quel giorno arriveranno un sacco di soldi, troveranno il moroso/a e avranno soddisfazioni sul lavoro?

Le finte agnostiche sostengono poi che all'oroscopo non ci credono, ma alle caratteristiche dei segni si. Loro sono cocciute e testarde perché son del Toro (o del leone, non ne ho la più pallida idea). Oppure sensibili e sognatrici, da brave pescioline. Altre si definiscono ambigue, doppie, volubili, essendo che i Gemelli le hanno segnate per sempre.

Di fronte a tanta inutile convinzione è inevitabile pensare al povero Galileo. Perseguitato, processato, sbattuto in cella per amore della scienza, quella vera, quella basata su dati di fatto, fatica, studio, esperimenti. Tutte robe che i cosiddetti "astrologi", da Otelma in giù, hanno scansato sin da piccoli. Insieme alla fattura.

I nuovi padri della patria - Marco Travaglio