giovedì 3 luglio 2008

Diario di un casalingo-lavoratore

Fare il ragazzo padre di un bambino di 4 anni, tenere in ordine una casa, lavare, stirare, brigare è un mestiere durissimo. Soprattutto se nel frattempo uno lavora anche, per pagare l’affitto, per mangiare, per vestire; se lavora per sé e per quella meraviglia di figlio che si ritrova.

Tutto questo merita un diario?
Se fosse un racconto serio, drammatico, anche un po’ palloso, probabilmente no. Non che non sia dura, ripeto. Ma mentre stiravo, l’altro giorno, grondando sudore che potevo riempire il ferro da stiro senza bisogno dell’acqua distillata, mi sono messo a ridere da solo, guardando le ciabattine di plastica, i bragoncini blu e la maglietta lisa che, di nascosto, mi metto in casa quando nessuno mi vede.

Ho pensato che di soggetti come me ce ne sono molti a questo mondo. Padri quarantenni (quasi), alle prese con detersivi, spugnette, moci, ferri e assi da stiro, swiffer, glassex, aspirapolveri, scottex, Svelto e Dixan.

Ho anche pensato che il mito del Denim, il maschiottone che non doveva chiedere mai, probabilmente aveva una domestica. E i soldi per pagarla. Sennò quella camicia di jeans con gli automatici non sarebbe stata stirata così a modino.

Ridendo da solo mi sono detto: quasi quasi le racconto a puntate queste vicende scabrose; dalla scelta dei guanti di gomma, al test anti-polvere, passando da quella volta che mi si è allagato il salotto dopo un temporale degno delle Filippine.

E poi basta con la tradizione italica che ormai ci ha reso ridicoli in tutto l’orbe terracqueo!
Maschio è bello, casalingo è ancora più figo!

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